MITTITE RETE ET INVENIETIS

Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: "Io vado a pescare". Gli dissero: " Veniamo anche noi con te". Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando era già l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: " Figlioli, non avete nulla da mangiare?" Gli risposero: "No". Allora egli disse loro: " Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse:" E' il Signore!". (Gv 21, 1-7)

post scorrevoli

lunedì 29 luglio 2013

Santa Marta

Marta è la sorella di Maria e di Lazzaro, l'amico che Gesù ha risuscitato dal sepolcro.  Gesù si fermava spesso nella loro casa e nel Vangelo ne troviamo notizia. In esso Marta viene descritta come la donna di casa, sollecita e indaffarata per accogliere degnamente il gradito ospite, mentre la sorella Maria preferisce starsene quieta in ascolto delle parole del Maestro. Alla rimostranza di Marta verso la sorella che non l'aiuta, Gesù risponde con un benevolo rimprovero: "Marta, Marta, tu t'inquieti e ti affanni per molte cose; una sola è necessaria: Maria invece ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta". La lezione impartitale dal Maestro non riguarda, evidentemente, la sua encomiabile laboriosità, ma l'eccesso di affanno per le cose materiali a scapito della vita interiore. Questa immagine mi piace particolarmente: riassume, in una pennellata di colore, quella che dovrebbe essere la vita di ciascuno di noi, spesa tra azione e preghiera. Bello quel mestolo che sembra d'oro, quasi a significare la preziosità del lavoro manuale e quel libro in mano per ricordarci che tutto è preghiera dalla quale scaturisce ogni nostra azione. Quindi affanniamoci pure nelle attività quotidiane, prendendo come modello santa Marta, che la Chiesa ci addita come esempio di vita contemplativa (Marta è una vera benedettina) ma teniamo alto lo sguardo, a Dio che ci benedice se operiamo nel suo nome e per suo amore, e lasciamo che avanzi un momento importante nella nostra giornata per dire un'Ave Maria ed anche qualcosa di più! 
 

mercoledì 24 luglio 2013

Santa Cristina di Bolsena

Cristina visse a Bolsena in prov. di Viterbo al tempo dell’imperatore Diocleziano (243-312) era  figlia del ‘magister militum’ di Bolsena, Urbano, che decise di rinchiuderla, con altre dodici fanciulle, in una torre affinché venerasse i simulacri degli dei come fosse una vestale.
Ma l’undicenne Cristina, che in cuor suo aveva già conosciuto ed aderito alla fede cristiana, si rifiutò di venerare le statue e dopo una visione di angeli le spezzò.
Invano supplicata di tornare alla fede tradizionale, fu arrestata e flagellata dal padre, che poi la deferì al suo tribunale che la condannò ad una serie di supplizi, tra cui quello della ruota sotto la quale ardevano le fiamme.
Dopo di ciò fu ricondotta in carcere piena di lividi e piaghe; qui la giovane Cristina venne consolata e guarita miracolosamente da tre angeli scesi dal cielo.
Risultato vano anche questo tentativo, lo snaturato ed ostinato padre la condannò all’annegamento, facendola gettare nel lago di Bolsena con una mola legata al collo.
Prodigiosamente la grossa pietra si mise a galleggiare invece di andare a fondo e riportò alla riva la fanciulla, la quale calpestando la pietra una volta giunta, lasciò impresse le impronte dei suoi piedi; questa pietra fu poi trasformata in mensa d’altare.
Di fronte a questo miracolo, il padre scosso e affranto morì, ma le pene di Cristina non finirono, perché il successore di Urbano, il magistrato Dione, infierì ancora di più.
La fece flagellare ma inutilmente, poi gettare in una caldaia bollente piena di pece, resina e olio, da cui Cristina uscì incolume, la fece tagliare i capelli e trascinare nuda per le strade della cittadina lagunare, infine trascinatala nel tempio di Apollo, gli intimò di adorare il dio, ma la fanciulla con uno sguardo fulminante fece cadere l’idolo riducendolo in polvere.
Anche Dione morì e fu sostituito dal magistrato Giuliano, che seguendo i suoi predecessori continuò l’ostinata opera d’intimidazione di Cristina, gettandola in una fornace da cui uscì ancora una volta illesa; questa fornace chiamata dal bolsenesi ‘Fornacella’, si trova a circa due km a sud della città; in un appezzamento di terreno situato fra la Cassia e il lago, nel Medioevo fu inglobata in un oratorio campestre.
Cristina fu indomabile nella sua fede, allora Giuliano la espose ai morsi dei serpenti, portati da un serparo marsicano, i quali invece di morderla, presero a leccarle il sudore. Infine gli arcieri la trafissero mortalmente con due frecce.
A Bolsena il culto a santa Cristina vergine e martire è vivo fin dal IV secolo e perdura ai nostri giorni.
 
 
 
 

mercoledì 17 luglio 2013

Santa Edvige, Regina di Polonia

Nata a Buda nel 1374, dalla stirpe capetingia degli Angioini a quel tempo regnati sull’Ungheria. Sin dalla sua infanzia Edvige era stata educata a leggere abitualmente la Sacra Scrittura, il Salterio, le Omelie dei Padri della Chiesa, le meditazioni e le orazioni di San Bernardo, i Sermoni e le Passioni dei Santi ed altre opere religiose classiche. Il 18 febbraio 1386 sposò  il granduca lituano Jagello, che promise di ricevere il battesimo insieme con tutta la sua nazione, ultimo baluardo pagano in Europa, nonché l’unificazione alla Polonia. Questo matrimonio cambiò la storia europea, trasferendo la frontiera della civiltà occidentale sino ai confini orientali del neonato regno polacco-lituano. Con Edvige si aprì il “secolo d’oro” della storia cristiana della Polonia, cioè il XIV secolo. Edvige è presentata solitamente nell’atto di “regnare servendo”, comportamento che ne fa immediatamente risaltare la sua maturità cristiana, fondata su una vita impregnata di fede e di carità.
Nei suoi confronti è riscontrabile inoltre un’ininterrotta ammirazione da parte del popolo polacco, accompagnata ad un vero e proprio culto ancora vivo oggi a distanza di secoli.
In Edvige vi era un intreccio di doti e virtù, religiosità e devozione, e tutto ciò contribuiva ad irradiare santità in ogni sua attività quotidiana. Dalla sua profonda ascesi cristiana, scaturì un giusto autocontrollo volto a dominare il suo carattere forte e vivace. Edvige si rivelò sempre fedele alla tradizione ed in profonda comunione con la Sede Apostolica. Al tempo stesso si dimostrò tollerante nei confronti delle altre confessioni cristiane e delle altre religioni.  Il matrimonio non fu subito fruttuoso e, purtroppo ebbe modo di gioire assai poco della sua maternità fisica, perché l'unica figlia, erede al trono, Elisabetta Bonifacia morì in breve tempo dopo la sua nascita. A distanza di quattro giorni, il 17 luglio 1399, si spense anche Edvige, alla giovanissima età di 25 anni e 5 mesi. Premurosa della sorte del coniuge, preoccupata per la solidità dello Stato e per la continuità della dinastia Jagellonica, prima di morire consigliò al marito di sposare Anna di Cilli, figlia di Guglielmo e nipote del re San Casimiro il Grande. L’8 giugno 1997 a Kraków, in Polonia, SS. Giovanni Paolo II canonizzò dinnanzi ad una folla oceanica la prima regina della sua nazione, Jadwiga (Edvige), appartenente, come ricordò il Papa, alla “gloriosa stirpe degli Angioini”, dunque di sangue capetingio. Nell'omelia il Santo Padre ha ricordato come questa Santa per noi cattolici possa essere considerata come la regina  Brigida di Svezia “patrona d’Europa”.