MITTITE RETE ET INVENIETIS

Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: "Io vado a pescare". Gli dissero: " Veniamo anche noi con te". Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando era già l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: " Figlioli, non avete nulla da mangiare?" Gli risposero: "No". Allora egli disse loro: " Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse:" E' il Signore!". (Gv 21, 1-7)

post scorrevoli

mercoledì 19 novembre 2014

Santa Matilde, monaca benedettina

 
Della sua vita si sa ben poco, le scarse notizie che si trovano nel libro da lei scritto - Liber Gratiae Specialis - e in quello dell'Araldo del divino amore di Santa Gertrude di Helfta, sono tutto quanto sappiamo di questa importante monaca e mistica dell'Ordine benedettino vissuta nel Medioevo.
 
Nacque attorno al 1240 nel castello di Helfta, in Sassonia, da una delle più nobili e potenti famiglie della Turingia, i Von Hackerborn imparentata con l’imperatore Federico II.
La sorella maggiore, Gertrude, fu badessa nel convento di Helfta.
All'età di sette anni Matilde venne accolta come educanda nel monastero benedettino di Roderdsdorf. Qui la sua vocazione crebbe e la giovane decise di indossare il velo.
Nel 1258 raggiunse la sorella maggiore a Helfta dove, tre anni più tardi, le venne affidata la cura di una giovane monaca che resterà nella storia con il nome di santa Gertrude la Grande o di Helfta. Proprio a quest'ultima Matilde confessò le proprie visioni mistiche.
Da queste confidenze nascerà poi uno dei libri più noti della mistica medievale: il Libro della Grazia speciale (Liber Gratiae specialis).
Matilde ebbe grandi doti intellettuali ed artistiche. Essendo particolarmente dotata nel canto, veniva chiamata l'usignolo di Helfta, le venne affidata la direzione del coro del monastero.  La lode di Dio era per lei l'occupazione primaria della sua vita e l'espressione più profonda ed alta della sua  esistenza. Nella recita e nel canto del divino ufficio tutta la sua anima religiosamente vibrava. Le parole fluivano dolci dalle sue labbra e spesso, durante l'ufficiatura, veniva rapita in estasi. Tutto il suo raccoglimento, la sua pietà e la sua devozione convergevano verso la liturgia, donde essa ricavava ampi lumi di contemplazione e ardente amore divino. Con diligente cura custodiva i suoi sensi infliggendosi dure penitenze e con coraggio mortificava il suo delicato corpo per compensare generosamente, dinanzi alla maestà divina, il male commesso dai peccatori.
La sua grande umiltà, nonostante le sua applicazione costante nell'esercizio delle virtù, la portava ad accusarsi talvolta di pigrizia e di tristezza. Soffriva di atroci mal di testa, che negli ultimi anni (dal 1290 e più ancora dal 1295) si aggravarono, unitamente ad altre infermità, sottoponendola a un vero martirio. Ricevette l'Estrema Unzione il 18 ottobre del 1299 e morì «offrendo il suo cuore al Salvatore e immergendolo in quello di lui» il 19 novembre 1299.

 
 
 

mercoledì 22 ottobre 2014

San Giovanni Paolo II, papa


Karol Józef Wojtyła, divenuto Giovanni Paolo II con la sua elezione alla Sede Apostolica il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a 50 km da Kraków (Polonia), il 18 maggio 1920. Era l’ultimo dei tre figli di Karol Wojtyła e di Emilia Kaczorowska, che morì nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, morì nel 1932 e suo padre, sottufficiale dell’esercito, nel 1941. La sorella, Olga, era morta prima che lui nascesse.

Fu battezzato il 20 giugno 1920 nella Chiesa parrocchiale di Wadowice dal sacerdote Franciszek Zak; a 9 anni ricevette la Prima Comunione e a 18 anni il sacramento della Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore Marcin Wadowita di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all’Università Jagellónica di Cracovia.

Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’Università nel 1939, il giovane Karol lavorò (1940-1944) in una cava ed, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania.

A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall’Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo, fu uno dei promotori del "Teatro Rapsodico", anch’esso clandestino.

Dopo la guerra, continuò i suoi studi nel seminario maggiore di Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facoltà di Teologia dell’Università Jagellónica, fino alla sua ordinazione sacerdotale avvenuta a Cracovia il 1̊ novembre 1946, per le mani dell’Arcivescovo Sapieha.

Successivamente fu inviato a Roma, dove , sotto la guida del domenicano francese P. Garrigou-Lagrange, conseguì nel 1948 il dottorato in teologia, con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce (Doctrina de fide apud Sanctum Ioannem a Cruce). In quel periodo, durante le sue vacanze, esercitò il ministero pastorale tra gli emigranti polacchi in Francia, Belgio e Olanda.

Nel 1948 ritornò in Polonia e fu coadiutore dapprima nella parrocchia di Niegowić, vicino a Cracovia, e poi in quella di San Floriano, in città. Fu cappellano degli universitari fino al 1951, quando riprese i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1953 presentò all’Università cattolica di Lublino la tesi: "Valutazione della possibilità di fondare un'etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler". Più tardi, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino.

Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo titolare di Ombi e Ausiliare di Cracovia. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958 nella cattedrale del Wawel (Cracovia), dalle mani dell’Arcivescovo Eugeniusz Baziak.

Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Papa Paolo VI, che lo creò e pubblicò Cardinale nel Concistoro del 26 giugno 1967, del Titolo di S. Cesareo in Palatio, Diaconia elevata pro illa vice a Titolo Presbiterale.

Partecipò al Concilio Vaticano II (1962-1965) con un contributo importante nell’elaborazione della costituzione Gaudium et spes. Il Cardinale Wojtyła prese parte anche alle 5 assemblee del Sinodo dei Vescovi anteriori al suo Pontificato.

I Cardinali, riuniti in Conclave, lo elessero Papa il 16 ottobre 1978. Prese il nome di Giovanni Paolo II e il 22 ottobre iniziò solennemente il ministero Petrino, quale 263° successore dell’Apostolo. Il suo pontificato è stato uno dei più lunghi della storia della Chiesa ed è durato quasi 27 anni.


Giovanni Paolo II ha esercitato il suo ministero con instancabile spirito missionario, dedicando tutte le sue energie sospinto dalla sollecitudine pastorale per tutte le Chiese e dalla carità aperta all’umanità intera. I suoi viaggi apostolici nel mondo sono stati 104. In Italia ha compiuto 146 visite pastorali. Come Vescovo di Roma, ha visitato 317 parrocchie (su un totale di 333).

Più di ogni Predecessore ha incontrato il Popolo di Dio e i Responsabili delle Nazioni: alle Udienze Generali del mercoledì (1166 nel corso del Pontificato) hanno partecipato più di 17 milioni e 600 mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze speciali e le cerimonie religiose [più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell’anno 2000], nonché i milioni di fedeli incontrati nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo. Numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le 38 visite ufficiali e le altre 738 udienze o incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze e incontri con Primi Ministri.

Il suo amore per i giovani lo ha spinto ad iniziare, nel 1985, le Giornate Mondiali della Gioventù. Le 19 edizioni della GMG che si sono tenute nel corso del suo Pontificato hanno visto riuniti milioni di giovani in varie parti del mondo. Allo stesso modo la sua attenzione per la famiglia si è espressa con gli Incontri mondiali delle Famiglie da lui iniziati a partire dal 1994.

Giovanni Paolo II ha promosso con successo il dialogo con gli ebrei e con i rappresentati delle altre religioni, convocandoli in diversi Incontri di Preghiera per la Pace, specialmente in Assisi.


Sotto la sua guida la Chiesa si è avvicinata al terzo millennio e ha celebrato il Grande Giubileo del 2000, secondo le linee indicate con la Lettera apostolica Tertio millennio adveniente. Essa poi si è affacciata al nuovo evo, ricevendone indicazioni nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, nella quale si mostrava ai fedeli il cammino del tempo futuro.

Con l’Anno della Redenzione, l’Anno Mariano e l’Anno dell’Eucaristia, Giovanni Paolo II ha promosso il rinnovamento spirituale della Chiesa.

Ha dato un impulso straordinario alle canonizzazioni e beatificazioni, per mostrare innumerevoli esempi della santità di oggi, che fossero di incitamento agli uomini del nostro tempo: ha celebrato 147 cerimonie di beatificazione - nelle quali ha proclamato 1338 beati - e 51 canonizzazioni, per un totale di 482 santi. Ha proclamato Dottore della Chiesa santa Teresa di Gesù Bambino.

Ha notevolmente allargato il Collegio dei Cardinali, creandone 231 in 9 Concistori (più 1 in pectore, che però non è stato pubblicato prima della sua morte). Ha convocato anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio.
Ha presieduto 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi: 6 generali ordinarie (1980, 1983, 1987, 1990; 1994 e 2001), 1 assemblea generale straordinaria (1985) e 8 assemblee speciali (1980, 1991, 1994, 1995, 1997, 1998 [2] e 1999).

Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Lettere encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche.

Ha promulgato il Catechismo della Chiesa cattolica, alla luce della Tradizione, autorevolmente interpretata dal Concilio Vaticano II. Ha riformato i Codici di diritto Canonico Occidentale e Orientale, ha creato nuove Istituzioni e riordinato la Curia Romana.

A Papa Giovanni Paolo II, come privato Dottore, si ascrivono anche 5 libri: “Varcare la soglia della speranza” (ottobre 1994); "Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio" (novembre 1996); “Trittico romano”, meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); “Alzatevi, andiamo!” (maggio 2004) e “Memoria e Identità” (febbraio 2005).

Giovanni Paolo II è morto in Vaticano il 2 aprile 2005, alle ore 21.37, mentre volgeva al termine il sabato e si era già entrati nel giorno del Signore, Ottava di Pasqua e Domenica della Divina Misericordia.

Da quella sera e fino all’8 aprile, quando hanno avuto luogo le Esequie del defunto Pontefice, più di tre milioni di pellegrini sono confluiti a Roma per rendere omaggio alla salma del Papa, attendendo in fila anche fino a 24 ore per poter accedere alla Basilica di San Pietro.

Il 28 aprile successivo, il Santo Padre Benedetto XVI ha concesso la dispensa dal tempo di cinque anni di attesa dopo la morte, per l’inizio della Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II. La Causa è stata aperta ufficialmente il 28 giugno 2005 dal Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la diocesi di Roma.
 
Qui http://www.vatican.va c'è un'ampia sezione dedicata al Santo Padre Giovanni Paolo II
 

venerdì 17 ottobre 2014

Beato Contardo Ferrini, laico

Nasce a Milano il  5 aprile del 1859.               
Ragazzo prodigio, a 17 anni consegue la licenza liceale, a 21 si laurea in giurisprudenza e, dopo un periodo di specializzazione a Berlino, a 24 insegna già diritto romano all'università di Pavia. Insegna poi a Messina e a Modena e nel 1894 torna a Pavia, dove resterà fino alla morte. Studioso, giurista e ricercatore stimato, coltiva anche una forte spiritualità, che gli permetterà di distinguersi in un ambiente fortemente anticlericale. Un atteggiamento che diventerà la sua principale forma di evangelizzazione: con questo «apostolato silenzioso» e il suo stile di vita, infatti, riuscirà a parlare di Dio anche ai lontani, agli indifferenti, agli atei. Impegnato nella San Vincenzo e in altre attività caritative, per quattro anni è anche consigliere comunale di Milano, dove si batte per conservare l'insegnamento religioso nelle scuole primarie. È anche uno dei primi a sostenere il progetto di un'università cattolica in Italia. Contrae il tifo bevendo a una fontana inquinata e muore a 43 anni, il 17 ottobre 1902, durante un periodo di vacanza a Suna, sul Lago Maggiore.
Papa Pio XII lo proclama beato nel 1947
  (Avvenire)

Tratto da qui

lunedì 6 ottobre 2014

San Bruno, sacerdote e monaco certosino

Il nobile Bruno, o Brunone, nasce a Colonia in Germania intorno al 1030 ed ha vissuto tra il suo Paese, la Francia e l’Italia. Studente e poi insegnante a Reims, si trova presto faccia a faccia con la simonia, cioè col mercato delle cariche ecclesiastiche.
Professore di teologia e filosofia, esperto di cose curiali, potrebbe diventare vescovo per la via onesta dei meriti, ora che papa Gregorio VII lotta per ripulire gli episcopi. Ma lo disgusta l’ambiente. La fede che pratica e che insegna è tutt’altra cosa, come nel 1083 gli conferma Roberto di Molesme, il severo monaco che darà vita ai Cistercensi.
Bruno trova sei compagni che la pensano come lui ed il vescovo Ugo di Grenoble li aiuta a stabilirsi in una località selvaggia detta “chartusia” (chartreuse in francese). Lì si costruiscono un ambiente per la preghiera comune, e sette baracche dove ciascuno vive pregando e lavorando: una vita da eremiti, con momenti comunitari. Ma non pensano minimamente a fondare qualcosa: vogliono soltanto vivere radicalmente il Vangelo e stare lontani dai mercanti del sacro.
Quando Bruno insegnava a Reims, uno dei suoi allievi era il benedettino Oddone di Châtillon. Nel 1090 se lo ritrova papa col nome di Urbano II e deve raggiungerlo a Roma come suo consigliere. Ottiene da lui riconoscimento e autonomia per il monastero fondato presso Grenoble, poi noto come Grande Chartreuse. Però a Roma non resiste: pochi mesi, ed eccolo in Calabria nella Foresta della Torre (ora in provincia di Vibo Valentia); e riecco l’oratorio, le celle come alla Chartreuse, una nuova comunità guidata col solito rigore. Più tardi, a poca distanza, costruirà un altro monastero per chi, inadatto alle asprezze eremitiche, preferisce vivere in comunità. E’ il luogo accanto al quale sorgeranno poi le prime case dell’attuale Serra San Bruno. I suoi pochi confratelli (non ama avere intorno gente numerosa e qualunque) devono essere pronti alla durezza di una vita che egli insegna col consiglio e con istruzioni scritte, che dopo la sua morte, avvenuta a Serra san Bruno (Vibo Valentia - Calabria- Italia)  il 6 ottobre 1101, troveranno codificazione nella Regola, approvata nel 1176 dalla Santa Sede.
E’ una guida all’autenticità, col modello della Chiesa primitiva nella povertà e nella gioia, quando si cantano le lodi a Dio e quando lo si serve col lavoro, cercando anche qui la perfezione, e facendo da maestri ai fratelli, alle famiglie, anche con i mestieri splendidamente insegnati. Sempre pochi e sempre vivi i certosini: a Serra, vicino a Bruno, e altrove, passando attraverso guerre, terremoti, rivoluzioni. Sempre fedeli allo spirito primitivo. Una comunità "mai riformata, perché mai deformata". Come la voleva Bruno, il cui culto è stato approvato da Leone X (1513-1521) e confermato da Gregorio XV (1621-1623).

Autore:
Domenico Agasso
 
 
 

martedì 23 settembre 2014

San Pio da Pietrelcina, sacerdote

Francesco Forgione era nato a Pietrelcina, provincia di Benevento, il 25 maggio 1887. I suoi genitori, Grazio e Giuseppa, erano poveri contadini, ma assai devoti: in famiglia il rosario si pregava ogni sera in casa tutti insieme, in un clima di grande e filiale fiducia in Dio e nella Madonna. Il soprannaturale irrompe assai presto nella vita del futuro santo: fin da bambino egli riceveva visite frequenti di Gesù e Maria, vedeva demoni e angeli, ma poiché pensava che tutti avessero queste facoltà non ne faceva parola con nessuno. Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra in convento e da francescano cappuccino prende il nome di fra Pio da Pietrelcina. Diventa sacerdote sette anni dopo, il 10 agosto 1910. Vuole partire missionario per terre lontane, ma Dio ha su di lui altri disegni, specialissimi.
I primi anni di sacerdozio sono compromessi e resi amari dalle sue pessime condizioni di salute, tanto che i superiori lo rimandano più volte a Pietrelcina, nella casa paterna, dove il clima gli è più congeniale. Padre Pio è malato assai gravemente ai polmoni. I medici gli danno poco da vivere. Come se non bastasse, alla malattia si vanno ad aggiungere le terribili vessazioni a cui il demonio lo sottopone, che non lasciano mai in pace il povero frate, torturato nel corpo e nello spirito. Nel 1916 i superiori pensano di trasferirlo a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di S. Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale. Un numero incalcolabile di uomini e donne, dal Gargano e da altre parti dell’Italia, cominciano ad accorrere al suo confessionale, dove egli trascorre anche quattordici-sedici ore al giorno, per lavare i peccati e ricondurre le anime a Dio. È il suo ministero, che attinge la propria forza dalla preghiera e dall’altare, e che Padre Pio realizza non senza grandi sofferenze fisiche e morali.
Il 20 settembre 1918, infatti, il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni. Padre Pio viene visitato da un gran numero di medici, subendo incomprensioni e calunnie per le quali deve sottostare a infamanti ispezioni canoniche; il frate delle stimmate si dichiara “figlio dell’obbedienza” e sopporta tutto con serafica pazienza. Infine, viene anche sospeso a divinis e solo dopo diversi anni, prosciolto dalle accuse calunniose, può essere reintegrato nel suo ministero sacerdotale.
La sua celletta, la numero 5, portava appeso alla porta un cartello con una celebre frase di S. Bernardo: “Maria è tutta la ragione della mia speranza”. Maria è il segreto della grandezza di Padre Pio, il segreto della sua santità. A Lei, nel maggio 1956, dedica la “Casa Sollievo della Sofferenza”, una delle strutture sanitarie oggi più qualificate a livello nazionale e internazionale, con 70.000 ricoveri l’anno, attrezzature modernissime e collegamenti con i principali istituti di ricerca nel mondo.
Negli anni ‘40, per combattere con l’arma della preghiera la tremenda realtà della seconda guerra mondiale, Padre Pio diede avvio ai Gruppi di Preghiera, una delle realtà ecclesiali più diffuse attualmente nel mondo, con oltre duecentomila devoti sparsi in tutta la terra. Con la “Casa Sollievo della Sofferenza” essi costituiscono la sua eredità spirituale, il segno di una vita tutta dedicata alla preghiera e contrassegnata da una devozione ardente alla Vergine.
Da Lei il frate si sentiva protetto nella sua lotta quotidiana col demonio, il “cosaccio” come lo chiamava, e per ben due volte la Vergine lo guarisce miracolosamente, nel 1911 e nel 1959. In quest’ultimo caso i medici lo avevano dato proprio per spacciato quando, dopo l’arrivo della Madonna pellegrina di Fatima a San Giovanni Rotondo, il 6 agosto 1959, Padre Pio fu risanato improvvisamente, tra lo stupore e la gioia dei suoi devoti.
“Esiste una scorciatoia per il Paradiso?”, gli fu domandato una volta. “Sì”, lui rispose, “è la Madonna”. “Essa – diceva il frate di Pietrelcina – è il mare attraverso cui si raggiungono i lidi degli splendori eterni”. Esortava sempre i suoi figli spirituali a pregare il Rosario e a imitare la Madonna nelle sue virtù quotidiane quali l’umiltà,la pazienza, il silenzio,la purezza,la carità.“Vorrei avere una voce così forte – diceva - per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna”. Lui stesso aveva sempre la corona del rosario in mano. Lo recitava incessantemente per intero, soprattutto nelle ore notturne. “Questa preghiera – diceva Padre Pio – è la nostra fede, il sostegno della nostra speranza, l’esplosione della nostra carità”.
Il suo testamento spirituale, alla fine della sua vita, fu: “Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il Rosario”.  
Quando muore, il 23 settembre 1968, a 81 anni, le stimmate scompaiono dal suo corpo e, davanti alle circa centomila persone venute da ogni dove ai suoi funerali, ha inizio quel processo di santificazione che ben prima che la Chiesa lo elevasse alla gloria degli altari lo colloca nella devozione dei fedeli di tutto il mondo come uno dei santi più amati dell’ultimo secolo. Dichiarato venerabile nel 1997, è stato beatificato nel 1999 e canonizzato nel 2002.

Autore:
Maria Di Lorenzo 
                  
 

giovedì 21 agosto 2014

San Pio X, Papa

Papa Pio X, al secolo Giuseppe Sarto, nasce a Riese in provincia di Treviso il 2 giugno 1835 da un'umile famiglia. Suo padre, Giovanni Battista Sarto  è un messo comunale e sua madre Margherita Sanson si occupa della famiglia che nel tempo si ingrandirà contando ben dieci figli. Le poveri condizioni della famiglia non scoraggiano Giuseppe che, dotato di grande forza di carattere e volontà tenace, sin da bambino, percorre a piedi, a volte anche scalzo, la strada che conduce da Riese a Castelfranco, per frequentare la scuola. Dotato di predisposizione allo studio, viene aiutato da alcuni sacerdoti e poi dal patriarca di Venezia, che gli offrì un posto gratuito nel Seminario di Padova.
Quando aveva 17 anni, nel 1852, muore il padre e gli amministratori del piccolo Municipio di Riese, per aiutare la numerosa famiglia, offrono al giovane Giuseppe l’impiego occupato dal padre.
Ma l’eroica madre Margherita, rifiuta l’offerta, perché il ‘Bepi’ deve seguire la sua vocazione sacerdotale; lei col suo lavoro di sarta avrebbe portato avanti tutta la famiglia, lavorando notte e giorno. Così Giuseppe viene ordinato sacerdote a 23 anni ed assegnato ad una piccola parrocchia di campagna come cappellano dove rimane per nove anni. In seguito viene nominato parroco a Salzano. Nel novembre 1875 il vescovo di Treviso lo chiama presso di sé nominandolo Canonico della Cattedrale, Cancelliere della Curia Vescovile, Direttore spirituale del Seminario; incarichi di prestigio per il giovane sacerdote Giuseppe Sarto.
Adempiva ai suoi compiti con dedizione e competenza e recuperava le forza con appena 4-5 ore di sonno. Il suo modo di agire, pieno di comprensione verso gli altri e il suo amore particolare per i poveri, gli guadagnarono l’affetto e la stima di tutti, cosicché nessuno si meravigliò quando nel settembre 1884, papa Leone XIII lo nomina vescovo di Mantova e il 12 giugno 1893 cardinale, Patriarca di Venezia. Il 3 agosto 1903 viene eletto Papa, all'età di 68 anni. Il Papa segue una linea di condotta di continuità con i due lunghissimi pontificati di Pio IX e Leone XIII che l’avevano preceduto.
Suo Segretario di Stato sarà il card. Merry del Val, già suo segretario personale, con il quale si dedica ad una riaffermazione ben chiara dei diritti della Chiesa e ad una strategia ad ampio raggio per ristabilire l’ordine sociale secondo il volere di Dio. Il suo motto è infatti: 'Instaurare omnia in Christo'.
'Davanti ai grandi progressi di un liberalismo prevalentemente antireligioso, di un socialismo prevalentemente materialista e di uno scientismo presuntuoso, Pio X avverte la necessità di erigere il papato contro la modernità, spezzando ogni tentativo di avviare un compromesso efficace tra i cattolici e la nuova cultura.
Con l’enciclica “Pascendi” del 1907 condanna il ‘modernismo’; in campo politico riprende la linea intransigente di Pio IX, che  considerava la separazione della Chiesa dallo Stato come un sacrilegio, gravemente ingiuriosa nei confronti di Dio al quale bisogna rendere non solo un culto privato ma anche uno pubblico.
La riaffermazione del potere papale, dopo le vicissitudini della caduta dello Stato Pontificio, portarono con il pensiero di Pio X ad identificare l’istituzione papale con la Chiesa intera, la Santa Sede con il popolo di Dio.
Pio X che amava presentarsi come un “buon parroco di campagna” aveva in realtà notevoli doti e non era affatto sprovvisto di cultura, leggeva numerose opere, parlava e leggeva il francese, possedeva un gusto artistico e protesse i tesori d’arte della Chiesa; cultore della musica, amò il canto liturgico.
Uomo di grandezza morale, viveva in Dio e di Dio, esercitava le virtù cristiane fino all’eroismo, con una umiltà diventata la sua seconda natura senza la minima ostentazione; una effettiva povertà e un atteggiamento di distacco di fronte a se stesso che non abbandonava mai; una fede e una fiducia nella Provvidenza origine di quella serenità interiore che si poteva ammirare in lui; inoltre una carità che destava la meraviglia dei dignitari del Vaticano' (Antonio Borrelli).
 
Pio X è ricordato per le grandi riforme nella Chiesa, per le encicliche, per la stesura del catechismo, detto appunto di san Pio X e per la lotta al modernismo. Soffre moltissimo per i venti minacciosi di guerra che soffiano sull'Europa e, dopo l'attentato mortale avvenuto a Sarajevo ai danni dell’arciduca ereditario Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia, il 28 giugno 1914, le sue condizioni di salute peggiorarono velocemente.
Muore la notte tra il 20 ed il 21 agosto del 1914.
 
In vita era indicato come un “Papa Santo”, perché correva voce di guarigioni avvenute toccando i suoi abiti, ma lui sorridendo correggeva: “Mi chiamo Sarto non Santo!”.  Viene beatificato il 3 giugno 1951 da papa Pio XII e proclamato santo dallo stesso pontefice il 29 maggio 1954; la sua urna si venera nella Basilica di S. Pietro.

mercoledì 30 luglio 2014

San Pietro 'crisologo', vescovo e dottore della Chiesa

Pietro nasce ad Imola verso il  380.  Nel  433 venne consacrato vescovo di Ravenna, dal Papa in persona, Sisto III. Il suo ministero come vescovo venne svolto con tale maestria e santità, da attirare alla fede le folle con la rete della sua celeste dottrina, saziandole con la dolcezza del suo divino eloquio. Infatti a motivo del suo modo di parlare gli venne dato il soprannome di «Crisologo», che significa «dalle parole d'oro».
La sua identità di uomo e di vescovo santo la scopriamo chiaramente dai documenti che possediamo, circa 180 sermoni. E' lì che riusciamo a conoscerlo completamente, come uomo di grande cultura, apprezzabile in quei tempi e tra quelle vicende, e per il suo calore umano animato dallo schietto vigore della sua fede.
Ravenna ai tempi di Pietro è una città crocevia di problemi e di incontri. Dall'Oriente lo consulta l'archimandrita Eutiche, in conflitto dottrinale col patriarca di Costantinopoli e con gran parte del clero circa le due nature in Gesù Cristo. Il vescovo di Ravenna gli risponde rimandandolo alla decisione del Papa (che ora è Leone I) «per mezzo del quale il beato Pietro continua a insegnare, a coloro che la cercano, la verità della fede».
Muore a Imola il 31 luglio del 450.
(tratto da Avvenire)

martedì 20 maggio 2014

San Bernardino da Siena

Bernardino nasce l’8 settembre 1380 a Massa Marittima (Grosseto) da Albertollo degli Albizzeschi e da Raniera degli Avveduti; il padre, nobile senese, era il governatore della città.
A sei anni rimane orfano di entrambi i genitori e di lui si occuperanno i suoi parenti in particolare la cugina Tobia terziaria francescana e la zia Bartolomea terziaria domenicana, dalle quali riceverà un’ottima educazione cristiana. Nel 1396 Bernardino intraprende gli studi di Giurisprudenza presso l'Università di Siena, dove consegue il dottorato in filosofia e diritto.
Nel 1400 la città di Siena viene colpita dalla peste e, siccome anche molti medici e infermieri dell’Ospedale di Santa Maria della Scala  morirono contagiati, il priore della Confraternita chiede pubblicamente aiuto, così Bernardino, che faceva parte della Confraternita dei Disciplinati di Santa Maria della Scala, si offre volontario insieme ai compagni. La sua opera nell’assistenza agli appestati dura per quattro mesi, alla fine dei quali Bernardino viene contagiato; rimane altri quattro mesi tra la vita e la morte, ma guarisce e, per un anno, si occuperà di lui la zia Bartolomea diventata cieca e sorda.
L'8 settembre del 1402 entra come novizio nel Convento di San Francesco a Siena e, per completare il noviziato, viene mandato sulle pendici meridionali del Monte Amiata, al convento sopra Seggiano, dove Bernardino vive per tre anni, fino alla professione religiosa nel 1403 ed alla ordinazione sacerdotale nel 1404. In seguito si sposta nel piccolo romitorio di Sant’Onofrio sul colle della Capriola di fronte alla città di Siena, dove vi resta per 12 anni, dedicandosi allo studio dei grandi dottori e teologi specie francescani; raccogliendo materiale ascetico, mistico e teologico. In questo stesso periodo è inviato tra i fedeli come predicatore, ma viene colpito da una malattia alle corde vocali che rende la sua voce  molto fioca e, nel momento in cui sta per chiedere di essere esonerato dalla predicazione, inaspettatamente un giorno la voce ritorna, limpida, musicale e penetrante. Così Bernardino inizia la sua straordinaria vita di predicazione per le città italiane del Nord e del Centro Italia, che lo vedono protagonista anche di miracoli, eventi prodigiosi, guarigioni e riscontrare sempre un enorme successo, riconciliazioni ai Sacramenti di peccatori incalliti, conversioni clamorose e numerose.

Affinché la sua predicazione non fosse dimenticata facilmente, Bernardino con profondo intuito psicologico, la riassumeva nella devozione al Nome di Gesù e per questo inventa un simbolo dai colori vivaci che veniva posto in tutti i locali pubblici e privati, sostituendo blasoni e stemmi delle famiglie e delle varie corporazioni spesso in lotta tra loro: il trigramma -IHS- del nome di Gesù che diventa un emblema celebre e diffuso in ogni luogo.
Nel 1438 viene nominato Vicario Generale di tutti i conventi dell’Osservanza in Italia, ma nel 1442, provato nel fisico dalle malattie e dalla stanchezza rassegna le dimissioni dalla carica. Nonostante il cattivo stato di salute ed il fisico fiacco riprende i viaggi e le predicazioni. La morte lo coglie a L'Aquila il 20 maggio 1444 a 64 anni.
Dopo morto, il suo corpo esposto alla venerazione degli aquilani, grondò di sangue prodigiosamente e a tale fenomeno i rissosi abitanti in lotta fra loro, ritrovarono la via della pace.
I frati che l’accompagnavano, volevano riportare la salma a Siena, ma gli aquilani, accorsi in massa lo impedirono, concedendo solo gli indumenti indossati dal frate.
 Sei anni dopo la morte, il 24 maggio 1450, papa Niccolò V lo proclama santo nella Basilica di S. Pietro a Roma. 


giovedì 27 marzo 2014

Beato Francesco Faà di Bruno, sacerdote

Francesco Faà di Bruno, ultimo di dodici fratelli,  nasce ad Alessandria il 29 marzo 1825 da genitori nobili e benestanti che lo educano cristianamente. Francesco resta orfano di madre a nove anni. Dopo aver frequentato il collegio dei Padri Somaschi a Novi Ligure, avrebbe desiderato seguire l’esempio dei fratelli religiosi ma, consigliato da una zia, entrò a quindici anni nell’Accademia militare di Torino, emulando così il fratello Emilio. A ventitré anni partecipa alla Prima Guerra d’Indipendenza come aiutante di campo del principe ereditario Vittorio Emanuele.
Per un periodo viene nominato precettore dei figli del Re Vittorio Emanuele II, ma dopo il rientro a Torino da Parigi, nel 1851, dove aveva studiato per conseguire la licenza in Scienze Matematiche ed Astronomia, gli viene revocato l'incarico. Dopo essersi dimesso dall'esercito, si dedica alle opere di carità, soprattutto in difesa delle donne e delle ragazze madri. Apre il 2 febbraio 1859 la Pia Opera di s. Zita e la pone sotto la protezione della Santa lucchese. Nel 1861 viene nominato dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche e matematiche e tre anni dopo inizia ad insegnare topografia, geodesia, trigonometria nella Scuola d’Applicazione dell’esercito. Nel 1864 comincia la costruzione di una chiesa dedicata a Nostra Signora del Suffragio dedicato ai Caduti di tutte le guerre, luogo di preghiera per le anime dei defunti. La Chiesa viene benedetta il 31 ottobre 1876. All'età di  cinquantuno anni, Francesco decide di diventare sacerdote, realizzando quella vocazione che per tanti anni aveva custodito nel cuore. Don Bosco lo sostiene. Viene ordinato a Roma il 22 ottobre 1876.
Francesco è stato anche uno scienziato, inventò un barometro differenziale a mercurio, uno scrittoio per ciechi, che fu premiato in alcune esposizioni universali, uno svegliarino elettrico e uno ellipsigrafo. Nel 1867 pubblicò un saggio scientifico sulla teoria delle forme binarie. Visse non senza contraddizioni il periodo risorgimentale, considerandolo necessario, era però angustiato dagli attacchi alla Chiesa. Era un uomo di preghiera, “un asceta cittadino”, tra i primi ad introdurre le adorazioni notturne in città. Nel 1868 nasce la Congregazione alle Suore Minime di N. S. del Suffragio. Le chiamò Minime in omaggio del suo Patrono s. Francesco di Paola.  Al Beato si devono opere non solo scientifiche ma anche teologiche. Amava studiare e documentarsi, conosceva l’inglese, il tedesco ed il francese; era solito affermare: “l’istruirmi e l’essere utile agli altri, sono i cardini della porta della mia felicità”. Muore a Torino il 27 marzo 1888, due mesi dopo l’amico don Bosco. Francesco Faà di Bruno è stato beatificato il 25 settembre 1988. Le sue reliquie sono venerate nella Chiesa di N.S. del Suffragio annessa alla Casa Madre dell’Istituto. Un museo raccoglie i suoi ricordi, libri antichi, molti strumenti scientifici e alcune sue invenzioni. Le Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio sono oggi missionarie in diverse paesi del mondo, nello spirito che il Fondatore ha racchiuso nel suo motto: PREGARE, AGIRE, SOFFRIRE.

martedì 25 febbraio 2014

Santi Luigi e Callisto, martiri


 
Callisto Caravario, nato a Cuorgnè (Torino) l’8 giugno 1903 e fin da piccolo poté frequentare l’oratorio e la scuola dei Salesiani fino agli studi del Liceo classico. Nel 1919, sedicenne, conobbe monsignor Versiglia, di passaggio a Torino, al quale rivelò: «La seguirò in Cina». Così avvenne. Si imbarcò a Genova a 21 anni. Prima lavorò in Estremo Oriente, nell’isola di Timor, poi a Shangai e infine a Schiu Chow, dove fu ordinato sacerdote da monsignor Versiglia stesso nel 1929.
 
Luigi Versiglia nacque il 5 giugno 1873 a Oliva Gessi, in provincia di Pavia; a 12 anni venne mandato a Torino a studiare alla scuola di san Giovanni Bosco, il quale, in un fugace incontro nel 1887, gli disse: «Vieni a trovarmi ho qualcosa da dirti», ma don Bosco non potè più parlare con Luigi perché si ammalò e morì. Il giovane era legatissimo alla figura di don Bosco, tanto che, per rispondere alla chiamata vocazionale, decise a 16 anni di emettere i voti religiosi nella congregazione dei Salesiani.
Dopo aver completato gli studi superiori, frequentò la Facoltà di Filosofia all’Università Gregoriana di Roma e le ore libere le trascorreva fra i giovani. Venne ordinato sacerdote nel 1895 a soli 22 anni. L’anno dopo fu nominato direttore e maestro dei novizi nella Casa di Genzano di Roma, carica che tenne per dieci anni, durante i quali si distinse per le notevoli capacità formative sui futuri sacerdoti.
Fin dal principio la sua aspirazione era quella di raggiungere le missioni per portare Cristo ai popoli, aspirazione che si realizzò a 33 anni, diventando il responsabile dei primi Salesiani che nel 1906, con coraggio e fede indomita, partirono alla volta della lontanissima nazione cinese.
Padre Versiglia si stabilì a Macao dove fondò la Casa Madre dei Salesiani.
In 12 anni di missione, dal 1918 al 1930, il Vescovo Versiglia riuscì a compiere prodigi in una terra del tutto nemica dei cattolici: istituì 55 stazioni missionarie primarie e secondarie rispetto alle 18 trovate; ordinò 21 sacerdoti, due religiosi laici, 15 suore del luogo e 10 straniere; lasciò 31 catechisti (18 donne), 39 insegnanti (8 maestre) e 25 seminaristi. Portò al battesimo tremila cristiani convertiti, a fronte dei 1.479 trovati al suo arrivo. Eresse un orfanotrofio, una casa di formazione per catechisti; l’istituto Don Bosco, comprensivo delle scuole professionali, complementari e magistrali per i ragazzi; l’Istituto Maria Ausiliatrice per le ragazze; un ricovero per gli anziani; un brefotrofio, due dispensari per medicinali e la Casa del missionario, come desiderava fosse chiamato l’episcopio.
Mons. Vesiglia non si fermava mai di fronte a nulla, neppure davanti alle carestie, alle epidemie, alle sconfitte che si presenavano, fatiche non sempre umanamente ricompensate: apostasie, calunnie, abbandoni, incomprensioni, viltà… Ma tutto veniva superato grazie alla preghiera, intensa e costante. Monsignor Luigi Versiglia e padre Callisto Caravario furono assassinati dalla furia dei briganti, che odiavano i missionari, il 25 febbraio 1930  mentre erano diretti a Li Thau Tzeui in barca, accompagnati da due allievi e da tre giovani donne, per la cui difesa avevano lottato sino alla morte.
 
tratto da qui

giovedì 6 febbraio 2014

Beato Alfonso Maria Fusco, sacerdote

Il beato Alfonso Maria Fusco nasce il 23 Marzo 1839 ad Angri, un paese in provincia di Salerno.
La sua nascita era stata molto desiderata ed attesa dai genitori, Aniello Fusco e Giuseppina Schiavone, sposati già dal 1834. I giovani sposi che desideravano tanto un figlio e dopo 4 anni di matrimonio non avevano ancora avuto la gioia di una gravidanza, si recarono a Pagani per chiedere l’intercessione del Beato Alfonso Maria dei Liguori. Un Redentorista, Francesco Saverio Pecorelli, li tranquillizzò dicendo loro che avrebbero presto avuto un figlio. Aggiunse anche che il bambino si sarebbe chiamato Alfonso e avrebbe avuto la vocazione al sacerdozio. E così fu.
Alfonso crebbe serenamente, educato con tenero affetto dai genitori, i quali erano pieni di pietà religiosa .Presto giunse il momento di pensare alla sua educazione scolastica primaria, per la quale non esistevano scuole pubbliche. Così i coniugi Fusco pensarono bene di affidare il loro primogenito a sacerdoti dotati di buona cultura, i quali gli avrebbero anche garantito una educazione cristiana. Ad 11 anni Alfonso aveva concluso gli studi elementari ed entrò , il 5 Novembre 1850 , nel seminario di Nocera per iniziare il ciclo di studi medi e superiori. Venne ordinato sacerdote dopo tredici anni il 29 maggio 1863. Già durante gli anni del seminario, il Beato coltivava il desiderio di occuparsi di tutti i bambini poveri e abbandonati che non potevano contare su nessuna guida, né culturale né spirituale. Negli ultimi anni di seminario, una notte, aveva sognato Gesù Nazareno, che gli aveva chiesto di fondare, non appena ordinato sacerdote, un istituto di suore e un orfanotrofio maschile e femminile.  Ordinato sacerdote tenta di attuare il suo desiderio e l'incontro con una giovane fanciulla, Maddalena Caputo, che desiderava consacrare la sua vita al Signore per aiutare i bambini più bisognosi di Angri, diventa determinante. Entrambi infatti ardevano per lo stesso sogno ed erano guidati dalla volontà del Signore ed unirono le loro forze per la realizzazione. Il 25 settembre 1878 la Caputo ed altre tre giovanette si ritirarono nella fatiscente casa Scarcella, nel rione di Ardinghi in Angri. Le giovani intendevano dedicarsi alla propria santificazione attraverso una vita di povertà, di unione con Dio, di carità impegnata nella cura e nella istruzione delle orfanelle povere.
La Congregazione delle Suore Battistine del Nazareno era così fondata; il seme era caduto nella terra buona di quei quattro cuori ardenti e generosi; le privazioni, le lotte, le opposizioni, le prove lo irrorarono ed il Signore lo fece sviluppare abbondantemente. Casa Scarcella prese ben presto il nome di Piccola Casa della Provvidenza. Don Alfonso non ha lasciato molti scritti. Amava parlare con la testimonianza della vita. Dirigeva l'Istituto con grande saggezza e prudenza e, come padre amoroso, vegliava sulle Suore e sulle orfane. Era di una tenerezza quasi materna per tutte, specialmente per le orfane più bisognose. La tenacia della sua volontà, totalmente ancorata alla divina Provvidenza, la collaborazione saggia e prudente di Maddalena Caputo, divenuta la prima superiora del nascente Istituto, col nome di Suor Crocifissa, lo stimolo continuo dell'amore per Dio e per il prossimo, permisero, in breve tempo, lo sviluppo straordinario dell'opera.Le crescenti richieste di assistenza per un numero sempre maggiore di orfani e di bambini spinsero don Fusco ad aprire nuove case, prima in Campania, poi in altre regioni d'Italia. Per la sua opera don Fusco ebbe molto a soffrire ed in particolare a causa della suora da lui più stimata e rispettata, suor Crocifissa, per divergenze organizzative. Muore ad Angri (SA), dopo essere stato a Roma nel tentativo di appianare i dissidi, il 6 febbraio 1910.
 

lunedì 20 gennaio 2014

San Sebastiano, martire

Sebastiano, secondo s. Ambrogio, era nato e cresciuto a Milano, da padre di Narbona (Francia meridionale) e da madre milanese, educato nella fede cristiana, si trasferì a Roma nel 270 e intraprese la carriera militare intorno al 283, fino a diventare tribuno della prima coorte della guardia imperiale a Roma. Era stimato per la sua lealtà e intelligenza dagli imperatori Massimiano e Diocleziano, che non sospettavano fosse cristiano, ma appena lo scoprirono fu condannato ad essere trafitto dalle frecce; legato ad un palo in una zona del colle Palatino chiamato ‘campus’, fu colpito seminudo da tante frecce da sembrare un riccio; creduto morto dai soldati fu lasciato lì in pasto agli animali selvatici, ma la nobile Irene andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura ed accortasi che il tribuno non era morto lo trasportò  nella sua casa sul Palatino. Miracolosamente Sebastiano riuscì a guarire e poi nonostante il consiglio degli amici di fuggire da Roma, egli che cercava il martirio, decise di proclamare la sua fede davanti a Diocleziano e al suo associato Massimiano, mentre gli imperatori si recavano per le funzioni al tempio eretto da Elagabolo, in onore del Sole Invitto.
Superata la sorpresa, dopo aver ascoltato i rimproveri di Sebastiano per la persecuzione contro i cristiani, innocenti delle accuse fatte loro, Diocleziano ordinò che questa volta fosse flagellato a morte; l’esecuzione avvenne nel 304 ca. nell’ippodromo del Palatino; il corpo fu gettato nella Cloaca Massima, affinché i cristiani non potessero recuperarlo. La tradizione dice che il martire apparve in sogno alla matrona Lucina, indicandole il luogo dov’era approdato il cadavere e ordinandole di seppellirlo nel cimitero “ad Catacumbas” della Via Appia.