MITTITE RETE ET INVENIETIS

Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: "Io vado a pescare". Gli dissero: " Veniamo anche noi con te". Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando era già l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: " Figlioli, non avete nulla da mangiare?" Gli risposero: "No". Allora egli disse loro: " Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse:" E' il Signore!". (Gv 21, 1-7)

post scorrevoli

martedì 13 settembre 2016

Beato Francesco Drzewiecki, sacerdote e martire

Francesco Drzewiecki nasce il 26 febbraio 1908, in Polonia, a Zduny. La sua vocazione è chiara e ben delineata: diventare sacerdote e religioso all’interno della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Lo mandano a fare il noviziato e a studiare teologia a Tortona, proprio dove vive don Orione, che con la sua sola presenza plasma e modella i suoi figli.
Ordinato sacerdote il 6 giugno 1936, fa una breve esperienza nella struttura per handicappati gravi del Piccolo Cottolengo di Genova-Castagna, e poi a fine 1937 ritorna in patria, dove lo attende un’intensa attività educativa e pastorale, che svolge con generosità e dedizione. Tutto ciò fino al 1° settembre 1939, giorno in cui la Germania invade la Polonia, dando inizio ad una feroce persecuzione religiosa.
 
Il successivo 7 novembre quasi tutto il clero della diocesi di Wloclawek, Vescovo e seminaristi compresi, viene arrestato e incarcerato: tra loro anche don Francesco, che inizia così una via crucis, le cui “stazioni” dolorose hanno i nomi di Wloclawek, Lad, Szczyglin, Sachsenhausen, corrispondenti ai vari “campi” in cui viene internato e in ciascuno dei quali il giovane sacerdote viene ricordato come “l’uomo che edificava con la sua cortesia e premura”.
 
Il 14 dicembre 1940 fa il suo ingresso nel famigerato lager di Dachau e destinato alle piantagioni: così, alle sofferenze e alle umiliazioni degli altri campi, si aggiungono estenuanti marce di trasferimento da una coltivazione all’altra e un duro lavoro sotto sole, vento o pioggia che finiscono per stremare quei poveri corpi già minati dalla fame e dalle malattie.
 
Anche qui si accorgono della sua presenza, perché “si distingue fra tutti come il più buono, il più servizievole, il più caritatevole”.
 
Accovacciato per terra, come gli altri, per togliere erbaccia, o piegato a zappare e vangare, tiene davanti a sé la scatoletta dell’Eucaristia e fa adorazione ed è evidentemente questa a dargli la forza non solo per non disperare, ma anche per incoraggiare gli altri. Arriva però il giorno in cui anche don Francesco si ammala e deve essere eliminato “perché invalido a lavorare”.
 
Il 10 agosto 1942 inizia il suo ultimo viaggio verso la morte, che si concluderà nella camera a gas del castello di Hartheim, nei pressi di Linz. “Come polacchi offriremo la nostra vita per Dio, per la Chiesa, per la Patria”: sono le ultime parole, accompagnate da un sorriso, che un chierico orionino di 24 anni raccoglie dalle sue labbra prima della partenza e che fanno, della sua, non una morte subita, ma un’offerta deliberatamente e coscientemente compiuta.
 
Viene eliminato il 13 settembre 1942, ad appena 34 anni di età e 6 di ordinazione, lasciando in tutti la sensazione di un vero martire. E poiché anche la Chiesa tale lo ha riconosciuto, è stato beatificato da Giovanni Paolo II nel 1999.
La sua data di culto è il 10 agosto, mentre la Piccola Opera della Divina Provvidenza lo ricorda il 12 giugno.

Autore: Gianpiero Pettiti

giovedì 25 agosto 2016

San Giuseppe Calasanzio, sacerdote

Ultimo di sette figli, nasce a Peralta de Sal in Aragona Spagna, da nobile famiglia decaduta, il 31 luglio 1557. Dai genitori riceve una buona formazione religiosa, ma incontra l'opposizione del padre quando, durante gli studi, si sente chiamato al sacerdozio -egli infatti avrebbe voluto per lui una carriera militare- ma accortosi dell'autentica vocazione del figlio cede e lo manda a studiare nelle università di Lleida e di Valenza. Viene ordinato sacerdote nel 1583. In seguito, per quasi un decennio svolge vari incarichi in alcune diocesi spagnole fino alla partenza per Roma dove vive inizialmente al servizio della famiglia Colonna, come educatore dei nipoti del cardinale Ascanio Colonna, suo amico dai tempi in cui questi si trovava all'Università di Alcalà. Ma mentre seguiva i ricchi rampolli nel palazzo nobiliare, veniva a conoscenza della realtà dolorosa e degradata della Roma dei quartieri popolari, di Trastevere in particolare; rimane particolarmente colpito dalla condizione miserevole in cui vivono tanti bambini lasciati a sé stessi, nello squallore della strada, senza che qualcuno si curi di loro. Ed è così che nell'autunno del 1597, insieme ad altri tre sacerdoti, avvia una piccola scuola nei locali della parrocchia di santa Dorotea, opera che getta le basi per una Congregazione religiosa, la Congregazione Paolina dei Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie che oltre ai voti di povertà, castità e obbedienza, ne ottempera un quarto quello cioè della educazione dei bambini e dei giovani, specialmente poveri. Muore il 25 agosto 1648. E'sepolto nella chiesa di San Pantaleo a Roma.

giovedì 23 giugno 2016

San Giuseppe Cafasso, sacerdote

Giuseppe Cafasso nasce il 15 gennaio 1811 a Castelnuovo d'Asti, lo stesso paese di san Giovanni Bosco,(il paese infatti ora si chiama Castelnuovo Don Bosco). La sua è una famiglia contadina, modesta ma profondamente religiosa. E' terzo di tre figli e la sorella Marianna divenne la madre del beato Giuseppe Allamano (1851-1926), rettore del Convitto e del Santuario della Consolata, nonché fondatore dell’Istituto Missioni della Consolata. Cresce di salute cagionevole, ma ciò non gli impedisce di frequentare il seminario di Chieri, in provincia di Torino e di essere ordinato sacerdote a 22 anni il 21 settembre 1833.
 'anno dopo entra nel Convitto ecclesiastico di don Luigi Guala, dove i neo-sacerdoti potevano approfondire le loro conoscenze secondo gli insegnamenti teologici e pastorali di Sant'Alfonso Maria de' Liguori e arricchirsi spiritualmente con gli esercizi di Sant'Ignazio. Entrato come allievo, Cafasso vi rimase prima come insegnante, poi come direttore spirituale e infine come rettore.
 
Diviene amico di Don Bosco che lo indirizza ad aiutare i ragazzi poveri di Torino. Di lui Don Bosco diceva: "La virtù straordinaria del Cafasso fu quella di praticare costantemente e con fedeltà meravigliosa le virtù ordinarie." Don Cafasso sostenne anche materialmente don Bosco e la Congregazione salesiana fin dalle sue origini.
Fu consigliere di vita ascetica ed ecclesiastica, direttore e formatore spirituale di sacerdoti, laici, politici, fondatori. Pio XI lo definì la perla del clero italiano. A Torino si distinse in particolare per l'aiuto offerto ai carcerati, anche col supporto morale alle loro famiglie. Venne definito "il prete della forca" perché spesso si presentava alle esecuzioni capitali seguendo il condannato a morte fino al patibolo. Aveva l’ambizione di portare i condannati a morte subito in Paradiso, senza il passaggio in Purgatorio.
Operò soprattutto per la conversione dei peccatori, dei grandi peccatori e per il recupero morale e sociale dei carcerati. E' stato un vero pastore con una ricca vita interiore e un profondo zelo nella cura pastorale, fedele alla preghiera, impegnato nella predicazione, nella catechesi, dedito alla celebrazione dell’Eucarestia e al ministero della Confessione, secondo il modello incarnato da san Carlo Borromeo e da san Francesco di Sales.
Muore il 23 giugno 1860 a soli 49 anni, consumato dall'amore per Dio e lo zelo per il prossimo. Le sue spoglie riposano nel Santuario della Consolata di Torino.
 

mercoledì 22 giugno 2016

San Paolino da Nola, Vescovo

 
Paolino da Nola, al secolo Ponzio Anicio Meropio Paolino nasce a  Bordeaux (Francia) nel 355 e muore a Nola il  22 giugno del 431. Discendente da una illustre famiglia romana senatoriale e consolare, è il figlio del prefetto della Provincia di Aquitania. I suoi studi vengono affidati ad un amico del padre, il poeta Ausonio che insegnava a Bordeaux. Educato alla severità degli studi e soprattutto alla poesia, studiò fisica, legge e i sistemi filosofici di allora. A quindici anni, quando il maestro si trasferisce a Milano, egli ha già completato la sua istruzione letteraria.
A poco più di venti anni è annoverato tra i seicento senatori. Nel 378, uscito di carica, gli spettava il governo di una provincia senatoriale ed egli sceglie la Campania e precisamente la città di Nola dove era venerato san Felice. Prima di tornare in Aquitania, con bizzarra cerimonia pagana, si taglia la barba e la consacra simbolicamente a san Felice. A Barcellona conosce Therasia, donna ricca e bella, ma (diversamente da lui) è cristiana e battezzata: sarà la sua consorte e lo guiderà sulla strada della conversione. Nel 389 a 35 anni, nella chiesa di Bordeaux, riceve il battesimo dal vescovo Delfino. Nel 392 dalla coppia nasce Celso ma appena dopo otto giorni il bambino muore: questo evento lo segnò per sempre, e lo spinse ancor più a rifugiarsi nella fede. Nel 394 viene ordinato sacerdote. In un viaggio in Italia conosce sant'Ambrogio e sant'Agostino. Durante una sosta in Toscana lui e la moglie decidono di dedicarsi completamente alla vita monastica. Si stabilisce a Nola, dove aveva soggiornato quando era stato governatore della Campania e fonda un cenobio maschile ed uno femminile, che si contraddistinsero per l'intensa vita di preghiera e per l'assistenza ai poveri. Qui nel 410 viene acclamato dai fedeli vescovo di Nola.

mercoledì 2 marzo 2016

Santa Angela de la Cruz, vergine

Maria de los Angeles Guerrero y González, nacque a Siviglia il 30 gennaio 1846 da Francesco Guerrero e Giuseppina González, genitori di modeste condizioni sociali ma pieni di virtù cristiane.
Crebbe per questo in un ambiente molto religioso, aiutando i suoi genitori nei lavori manuali, specie nel cucito; di carattere molto docile e discreta, suscitava profonda ammirazione in quanti la conoscevano.
Ancora piccola dovette lasciare la scuola per lavorare in un laboratorio di calzature; nonostante ciò amava appartarsi per dedicarsi alla preghiera ed alle mortificazioni; nel 1871 a 25 anni, con un atto privato promise al Signore di vivere secondo i consigli evangelici.
Nella sua lunga esperienza di preghiera, vide una croce vuota davanti a quella di Cristo crocifisso e ciò le ispirò di immolarsi insieme a Gesù per la salvezza delle anime. Spinta da una forte vocazione, desiderò di entrare fra le Carmelitane, ma il suo direttore spirituale la indirizzò verso le Suore di Carità, ma per le precarie condizioni di salute fu costretta ad abbandonare, dopo poco tempo l’Istituto.
Ritornata in famiglia si dedicò tutta alle opere di carità verso i poveri. Seguendo con ubbidienza i consigli del direttore spirituale, prese a scrivere un diario spirituale nel quale esponeva dettagliatamente la regola di vita di una Comunità di religiose, che con la sua spiccata vocazione e con l’esperienza spirituale che viveva, sentiva di poter costituire.
Così nel 1875 a Siviglia, diede inizio alla Congregazione delle “Sorelle della Compagnia della Croce” per la cura degli infermi, nell’esercizio della più ardente carità. Il motto suo e dell’Istituzione fu “Farsi povero con il povero per portarlo a Cristo” che costituisce il fondamento della spiritualità e della missione della “Compagnia della Croce”.
La Santa Sede approvò l’Istituto nel 1904 che ebbe una rapida diffusione, imprimendo un impatto enorme sulla Chiesa e sulla società Sivigliana di quel tempo. Umile ed energica, Angela de la Cruz, questo il nome che prese quando diventò una religiosa, seppe infondere nell’animo delle sue figlie un crescente spirito di dedizione e di carità verso i bisognosi; per questo ammirata da tutti, venne chiamata dal popolo “madre dei poveri”.
Naturale e semplice, rifuggì da ogni gloria umana, ricercò la santità con uno spirito di mortificazione al servizio di Dio e dei fratelli e con questi sentimenti, lasciò questa terra il 2 marzo 1932 nella sua città di Siviglia, all’età di 86 anni.
La causa per la sua beatificazione fu introdotta presso la Congregazione dei Riti il 10 febbraio 1960. Papa Giovanni Paolo II, durante il suo primo pellegrinaggio in Spagna, la beatificò il 5 novembre 1982 nella sua Siviglia e lo stesso pontefice a distanza di 20 anni l’ha elevata agli onori degli altari della Chiesa universale, canonizzandola a Madrid il 4 maggio 2003, durante il suo quinto viaggio in terra spagnola.
Ricorrenza liturgica al 2 marzo. L'arcidiocesi di Siviglia la ricorda il 5 novembre, anniversario della beatificazione.
 

Autore:
Antonio Borrelli